Giovanni Amendola
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Giovanni Battista Amendola (1882 - 1926)

Giovanni Battista Amendola
Born in Napoli, Napoli, Campania, Italiamap
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Biography

Famous Politician, chief opposition to Fascism in the Parliament until his assassination in 1926.

Il Manifesto dell'Unione Nazionale di Giovanni Amendola

     Il giornale Il Mondo di Roma, il 18 novembre 1924, rendeva noto che nella solenne adunanza dell'8 novembre 1924 in Roma, presenti e aderenti i rappresentanti di tutte le regioni d'Italia e sotto la presidenza del senatore Fadda, si dichiarò costituita la Unione Nazionale, e pubblicava il Manifesto al Paese approvato in tale adunanza, facendolo seguire da un primo elenco di aderenti, comprendente uomini politici, mutilati e combattenti, pubblicisti, professori universitari, delegati e fiduciari delle organizzazioni locali.
     Si riproducono il manifesto e l'elenco.

I sottoscrittori del presente documento si propongono di costituire una associazione politica che rappresenti i principii di libertà e di democrazia cui deve vita l'unità statale italiana ed è storicamente legata l'indipendenza e la fortuna del nostro popolo. Per costituire l'Unione nazionale essi chiamano a raccolta tutti quegli italiani i quali siano disposti ad offrire il loro consenso ed il loro concorso attivo ad una direttiva politica che intende ricongiungersi alle più nobili tradizioni del Risorgimento e mira ricostituire ed a realizzare pienamente, oltre il decennio della guerra e delle prove civili, la gagliarda e fiduciosa unità morale e legale della nazione italiana, riconciliata nella restaurazione del diritto ed affratellata nel lavoro produttivo, in vista di un più alto avvenire.

L'Unione non intende assumere, fin da ora, le caratteristiche rigide di un partito. Essa si propone di riunire, con un vincolo di operosa solidarietà, in vista del presente e dell'avvenire, elementi e forze politiche che appartennero alle varie gradazioni del liberalismo democratico e della democrazia organizzata, oppure che non intervennero nella lotta politica finché non vi sono stati chiamati da un alto dovere civile. Queste forze concordemente riconoscono la vanità e il danno di divisioni e di distinzioni cui non risponde alcuna realtà concreta, mentre è generalmente avvertito il bisogno che per la difesa delle libertà civili e politiche e dei principii democratici sorga una nuova grande organizzazione sorretta dalle larghe correnti di pubblica opinione che tale battaglia, fuori di ogni ambiguità e di ogni equivoco, sono desiderose di sostenere col loro risoluto consenso.

L'Unione vuole essere l'ambiente nel quale si determinerà, tra gli elementi aderenti, quella elaborazione di idee, quella determinazione di fini, quella intima associazione di volontà, donde potrà, nel seguito, nascere il partito: coi caratteri e con le modalità che meglio rispondano ai principii, alla psicologia ed alla realtà politica ch'esso è chiamato a rappresentare.


La riconquista delle libertà

I promotori dell'Unione dichiarano aperta e decisa opposizione al fascismo ed ai sistemi oggi dominanti al governo. E ciò non solo in nome di idealità politiche, di tradizioni e di finalità assolutamente contrastanti; ma altresì in nome dell'esistenza dello Stato legale e dei postulati elementari della convivenza civile, che il fascismo nega e calpesta prima ancora delle libertà politiche e delle istituzioni democratiche. Dove lo stesso habeas corpus è da riconquistare, nessuna maraviglia che siano in contestazione il diritto dell'elettore e quello della rappresentanza parlamentare. La contemporanea negazione delle libertà pubbliche e private dimostra, se mai, una volta di più la loro stretta solidarietà, e dimostra, sopratutto, che per esse non v'è garanzia sufficiente e definitiva, all'infuori della risoluta e permanente adesione ch'esse trovino nella coscienza di un popolo. Le libertà pubbliche e private, e gli istituti nei quali esse vivono, o sono creazioni vivaci e necessarie della coscienza di una nazione, o sono sovrastrutture artificiose soggette a crollare al primo urto della storia.

II nostro Risorgimento fu grande conquista rivoluzionaria della storia italiana di fronte ai suoi antecedenti secolari ed anzi potrebbe definirsi la sola grande e vera rivoluzione del popolo italiano, giunto all'unità statale e alla libertà legale, dopo secoli di divisione, di servitù e di avventura. Ma, più che un processo spontaneo e creativo - scaturito dalla coscienza della volontà popolare -, il nostro Risorgimento rappresentò uno sforzo di antiveggenza, di elargizione, di donazione da parte di un manipolo di uomini superiori. E tale carattere si rispecchiò nello Statuto del nuovo Stato, e nel godimento delle pubbliche libertà.

Compito della vita unitaria, dalle origini fino ai nostri giorni, fu quello di associare progressivamente tutto il nostro popolo all'aspirazione donde trasse origine la nostra risurrezione nazionale. Come il nuovo Stato italiano - lo Stato della libertà e della democrazia - abbia adempiuto questo compito fu dimostrato nei giorni della grande guerra. Vittorio Veneto rappresenta l'esame storico di maturità dell'Italia libera.

Ora è accaduto che, nei due anni di dominio fascista - quando più spesso e più arbitrariamente si è parlato di rivoluzione - una rivoluzione veramente si sia andata compiendo, nel profondo dell'anima italiana: e cioè la consapevole riconquista delle libertà pubbliche e private, e dei diritti sovrani del nostro popolo. Forse la funzione storica del fascismo, cercata invano nelle sue confusionarie ideologie, finirà per essere ritrovata fuori del fascismo: e consisterà nell'aver esso provocato, e nell'aver reso necessario, entro la coscienza italiana, quel profondo processo morale, donde scaturirà la restaurazione del nostro diritto pubblico, premessa necessaria di ogni futuro sviluppo. Matura, in Italia, un processo spirituale attraverso il quale la costituzione elargita diventerà una costituzione voluta, cioè conquistata. Così, per le vie del sacrificio e attraverso le più dure prove civili, il popolo italiano si ritroverà adulto dopo l'esperienza della guerra e del dopo guerra, e prenderà consapevole possesso del suo dovere - che avrà ritrovato nel suo diritto.


La libertà del lavoro e l'impero della legge

Nel quadro di una vita nazionale fondata sulle restaurate libertà - private, politiche ed economiche - i promotori dell'Unione assegnano consapevolmente un posto eminente alle libertà che si ricollegano alla vita del lavoro. Respinte, come utopie retrive, incivili ed antieconomiche, le pretese di incatenare al capriccio di un sistema politico o al tornaconto di capitalisti o di imprenditori miopi, la legittima difesa e la contrattazione del lavoro, essi affermano che la libertà dell'organizzazione del lavoro e dell'azione sindacale, entro i limiti della legge, è sacra quanto ogni altra libertà, e rappresenta non soltanto un diritto dei lavoratori, ma altresì un interesse della produzione e perciò un interesse nazionale. Al proletariato - al cui fianco hanno preso posizione non costretti da alcun impegno, quando nel lavoratore si offendeva e si negava il cittadino e l'uomo, - non hanno bisogno di ricordare che la futura ripresa della democrazia, in Italia, sarà caratterizzata dal rigido imperio della legge che rappresenta (come i fatti hanno dimostrato) non solo il diritto e il dovere dello Stato, ma un essenziale interesse del proletariato medesimo. Sulla duplice base della libertà sindacale e della legalità, l'Italia deve tornare, senza esitazione e senza ritardo, a quella politica di progressiva ed intima associazione dei lavoratori alla vita dello Stato che fu il segreto della sua crescente prosperità e forza politica prima della guerra, e pose lo Stato italiano in condizione di affrontare la maggiore prova della nostra storia.

Lo spettro di un'ora di follia e di disordine, che travolse i lavoratori dopo lo sforzo ed il sacrificio della guerra, e che non tornerà mai più, non deve trattenere più a lungo le classi più intelligenti e più influenti del nostro paese, di fronte ai lavoratori, in un'attitudine di antagonismo arcigno ed in una pratica di violenza spirituale ed economica, che rappresentano la negazione più assurda di ogni moralità, e di ogni seria utilità nazionale. Dobbiamo riprendere coraggiosamente la via lungo la quale l'Italia ritroverà l'amore ed il lavoro di tutti i suoi figli: fuori di quella via non può esservi che errore, disordine e decadenza.

Siffatta politica significa: all'interno allargare potentemente verso le classi lavoratrici la base su cui poggia l'ordine democratico; all'estero collaborare alla creazione di una situazione internazionale fondata su principii di libertà e di giustizia, sull'equo riconoscimento degli interessi permanenti delle nazioni e sulle esigenze del mantenimento della pace. L'Italia raggiungerà le condizioni più propizie alla sua fortuna ed al suo sviluppo allorché, in un ambiente internazionale di pace e di sicuro equilibrio, lo Stato italiano poggerà sul consenso di larghissimi strati di popolazione e riescirà ad associare a sé la maggioranza delle classi lavoratrici. Concezione questa, la quale provoca le irresistibili antipatie e le concomitanti reazioni del comunismo e del nazionalismo: ed i sottoscrittori riconoscono in ciò la riprova sperimentale della sua bontà e della sua corrispondenza agli interessi veri dell'Italia.


La rinnovazione democratica

La risoluta difesa degli istituti di libertà sconvolti dal fascismo, non implica affatto la tesi che nella vita costituzionale non siano ammissibili sviluppi e progressi; ma implica, invece, che non siano concepibili regressi o negazioni dei principii dai quali tre quarti di secoli or sono, la rinnovata storia d'Italia prese le mosse.

Ormai, dopo la guerra mondiale, base unica ed insostituibile della legittimità dei governi è il suffragio universale: sul quale va stabilito, solidamente, col concorso di tutti i cittadini e con gli accorgimenti che l'esperienza di oltre due secoli fornisce, la funzione del governo.

Si può, anzi, osservare che la grande guerra, avendo relegato tra i ricordi della storia, le monarchie di diritto divino, ed avendo lasciato sussistere quelle soltanto che ricercano il loro fondamento ed il loro sostegno nella volontà popolare, ha rinnovato e confermato la dimostrazione del grande teorema democratico che ci viene offerto dalla storia moderna. Ma appunto da questa rinnovata dimostrazione, che illumina di nuova luce le basi della sovranità e della legittimità dello Stato moderno, esce rinvigorita e rinnovata la moralità politica della democrazia: giacché, quando il governo dei popoli deve poggiare esclusivamente sulla capacità dei popoli a governarsi, la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica da diritto si trasforma in dovere; e la libertà politica, ed il godimento di tutte le capacità e facoltà connesse al suo esercizio vanno considerate, dal punto di vista dello Stato, come mezzi tecnici assicurati al cittadino perché gli sia possibile di adempiere a tale altissimo dovere.

La riforma dello Stato - che il periodo più recente della vita politica italiana pone all'ordine del giorno - deve mirare alla risoluzione di questo duplice problema: assicurare ai principii democratici più piena e più definitiva attuazione, al riparo dalle sorprese e dai ritorni offensivi che l'esperienza ha dimostrati e dimostra possibili; e collocare la vita democratica del popolo italiano entro la solida inquadratura di uno Stato di diritto, che garantisca la democrazia contro i pericoli del proprio funzionamento, ed in tal modo la consolidi nella coscienza storica della nazione italiana.

La linea di sviluppo dello Stato italiano si volge in senso decisamente opposto a quello voluto dal fascismo. Mette cioè capo, necessariamente, a concretare lo Stato in funzioni ed organi sempre più indipendenti dal potere esecutivo, che il fascismo deifica, e nel quale esso pretende centralizzare non solo la vita dello Stato, ma quella dell'intera società. Noi affermiamo, invece, che la società debba poter entrare in diretta e libera comunicazione con lo Stato, profondamente ricostituito, con sempre crescente indipendenza dal potere esecutivo: la cui funzione, peraltro, va rafforzata e rinsaldata in una sfera assai più ristretta.

È appena necessario osservare, in un documento che non comporta sviluppi particolari, come, su questa via, trovino piena soddisfazione le esigenze, più volte affermate, del decentramento autarchico - condizione necessaria per il sano funzionamento dell'istituto parlamentare - e le aspirazioni, più recenti, alla valutazione della rappresentanza sindacale: valutazione, peraltro, che va attuata e mantenuta in una sfera subordinata a quella della sovranità parlamentare.

Lo Stato vivente fuori dell'arbitrio dell'esecutivo, attraverso il sistema di controlli autarchici, che scaturisce dall'evoluzione del diritto pubblico moderno, introduce nella società un principio di ordine e realizza legalmente la libertà.

Noi affermiamo la necessità di un ordine, morale e materiale, spirituale e legale, al confronto del quale l'esteriore regolarità di vita che oggi viene esaltata come ordine va considerata come mero disordine. Appartiene allo Stato il dovere di promuovere, e di assicurare, nella vita italiana quest'ordine più vero, e migliore. Ma soltanto per le vie della libertà, sulle basi del diritto democratico, e con la consapevole solidarietà dei lavoratori italiani, questo nuovo ordine potrà essere costruito.


Il dovere della lotta

L'Unione lavorerà a diffondere, a difendere, a sviluppare questi principii. Essa chiede a coloro che consentono in essi, di riconoscere il dovere della partecipazione alla vita pubblica. È vano rivendicare il diritto del popolo, quando non si dimostra che il popolo è pronto a prendere possesso del proprio diritto. Solo le grandi riserve del popolo italiano possono disporre della vittoria e della sconfitta nella grande battaglia che oggi si combatte per o contro la libertà, per o contro la democrazia. Noi facciamo appello, sopratutto, a quelle riserve; agli italiani che fino a ieri non intervennero nella vita politica del loro Paese. Oggi il non intervento, non è più indifferenza, è azione: azione in favore del fascismo. Ciascuno, adunque, interroghi la propria coscienza ed elegga il proprio dovere!

     Mario Abbiate, Giulio Alessio, Giacomo Almagià, Francesco Amatucci, Giovanni Amendola, Giovanni Ansaldo, Vincenzo Arangio Ruiz, Carlo Ardizzone, Celestino Arena, Giustino Arpesani, Giovanni Auteri Berretta.
     Gino Bandini, Alfredo Bartolomei, Agostino Bassino, Achille Battaglia, Giuseppe Battista, Roberto Bencivenga, Mario Beretta, Mario Berlinguer, Riccardo Bollati, Ivanoe Bonomi, Adolfo Bosellini, Lucangelo Bracci, Mario Bracci, Roberto Bracco.
     Romolo Caggese, Piero Calamandrei, Colombo Calzolari, Giuseppe Cangini, Vittorio Cannavina, Carlo Cappelli, Agilulfo Caramia, Annibale Carletti, Enrico Carrara, Carlo Cassola, Raimondo Cefaly, Antonio Ciamarra, Alberto Cianca, Umberto Cipollone, Marco Ciriani, Francesco Cocco Ortu, Giulio Colaianni, Giuseppe Colao, Giulio Colesanti, Raffaele Consiglio, Giovanni Costetti.
     Dante Dall'Ara, Riccardo Dalle Mole, Raffaele De Caro, Luigi De Filippis, Guido Della Valle, Cesare De Lollis, Floriano Del Secolo, Romeo De Magistris, Guido De Ruggiero, Roberto De Ruggiero, Luigi Di Caprio, Francesco Di Girolamo, Raffaele Di Lella, Vincenzo Di Palma, Arcangelo Di Staso, Federico Donnarumma, Francesco Dorè.
     Luigi Einaudi.
     Carlo Fadda, Guido Ferrando, Mario Ferrara, Guglielmo Ferrerò, Raffaello Ferruzzi, Ugo Forti, Giuseppe Fusco.
     Vincenzo Galderisi, Andrea Galdo, Antonio Garboli, Raffaele Garinei, Felice Genoese Zerbi, Giuseppe Giaroli, Vincenzo Giuffrida, Augusto Graziani, Mario Grieco, Eugenio Grimaldi, Manlio Grispini.
     Vincenzo Janfolla.
     Guido Laj, Alberto Lapegna, Alberto Laureili, Girolamo Lazzeri, Arrigo Levasti, Nicola Lombardi, Sebastiano Lo Verde.
     Luigi Macchi, Carlo Manes, Carlo Maranelli, Mario Mari, Giovanni Marino, Gherardo Marone, Giovanni Mastino, Basilio Mazzarella, Ezio Mereu, Francesco Messineo, Pasquale Miele, Mario Minoia, Giovanni Mira, Enrico Mole, Gennaro Mondaini.
     Lamberto Naldini, Ottorino Nava, Emilio Nonis.
     Dante Orlando.
     Novello Papafava, Giorgio Pasquali, Giovanni Pedone, Concetto Pettinato, Guido Piccirilli, Errico Presutti.
     Guglielmo Quadrotta.
     Vincenzo Raia, Riccardo Raimondo, Omero Ranelletti, Vito Reale, Michele Rocco, Antonio Rollo, Nello Rosselli, Ermete Rossi, Ferruccio Rubbiani, Meuccio Ruini, Alfredo Vittorio Russo.
     Vincenzo Saitta, Luigi Salvatorelli, Giuseppe Sanarelli, Carlo Sandirocco, Danilo Sartego, Arnaldo Satta, Emilio Scaglione, Carlo Sforza, Pietro Silva, Giustino Sorgente, Giustino Spatocco, Cesare Spellanzon, Gustavo Spetrino.
     Adriano Tilgher, Samuele Tocci, Silvio Trentin, Giovanni Tripodi.
     Domenico Valenzani, Carmelo Villarà, Mario Vinciguerra, Giovanni Visconti Venosta, Vito Volterra.
     Umberto Zanni, Angelandrea Zottoli.


     Giovanni Amendola


     da “La Nuova Democrazia”
     di Giovanni Amendola
     discorsi politici (1919-1925)

Sources





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